In Perù manifestare è servito a qualcosa

Articolo pubblicato per Scomodo

Tre presidenti in una settimana. Questo è il riassunto di quanto è accaduto in Perù a partire dal 9 novembre. Martin Vizcarra, presidente indipendente e apprezzato dagli elettori, è stato vittima di un golpe da parte del Congresso, controllato dai partiti dell’opposizione e da sempre ostile ai tentativi di riforme istituzionali portati avanti dallo stesso Vizcarra. Le violente proteste che sono seguite all’impeachment sono costate la vita a due giovani manifestanti e hanno portato alla decisione di Manuel Merino, eletto dal Congresso come sostituto di Vizcarra, di rinunciare all’incarico. Per questo motivo il Congresso ha virato su una figura di compromesso, eleggendo alla presidenza Francisco Sagasti, il terzo in una settimana a varcare le porte della Casa di Pizzarro, il palazzo presidenziale a Lima.

Un sistema politico stremato dalla corruzione 

La decisione del Congresso di rimuovere Vizcarra, sostituendolo con Manuel Merino, ha scatenato proteste su scala nazionale. Sotto accusa è finita, in maniera definitiva, la corruzione endemica che da decenni attanaglia lo Stato andino, limitando fortemente la crescita economica del Paese. Secondo Marco Cordori Carpio, presidente della gioventù del Partito Nazionalista peruviano, intervistato negli scorsi giorni da Scomodo: “la storia di questo Congresso è piena di casi di persone che ci entrano solo per ottenere l’immunità”. Da anni ormai, il parlamento è stato utilizzato come strumento di protezione da alcuni criminali diventati politici di professione. “Alcuni leader dei partiti di maggioranza, che sono stati indagati o addirittura condannati per reati legati alla corruzione, sanno che solo restando in parlamento possono sfruttare l’immunità garantita dalle leggi del Congresso”, continua Cordori Carpio.

In Perù quindi, ”è cresciuta l’esigenza di una riforma seria sul tema della corruzione, dal momento in cui i giovani hanno smesso di essere sensibili ai grandi partiti politici del passato” ci racconta Carmen Ruiz Camacho, avvocatessa che in queste settimane si sta occupando di fornire assistenza legale ai giovani coinvolti in procedimenti legati alle proteste. Nel momento in cui Vizcarra ha tentato di intervenire sulla questione, proponendo al popolo riforme giudiziarie che avrebbero potuto portare a un’Assemblea Costituente, il Congresso ha temuto che molti dei benefici di cui godono i membri, sarebbero potuti di colpo scomparire. “Hanno quindi iniziato ad indagare e a scavare nel suo passato (di Vizcarra, ndr) per trovare qualsiasi genere di illegalità e dimostrare che fosse corrotto anche lui.” racconta ancora Cordori Carpio. La gente ha letto questa mossa del Congresso come fortemente usurpatrice dei propri diritti. Ad essere messo in discussione oggi è quindi “l’intero sistema partitico, che risulta essere sempre più difficile da affrontare. Il caso Merino (eletto Presidente dal Congresso dopo l’impeachment subito da Vizcarra, ndr) è stato quindi l’ennesimo esempio di un soggetto corrotto eletto alla carica di Presidente, solo che stavolta ha scatenato l’indignazione generale”. 

Un nuovo presidente e la transizione

Col proseguire delle proteste, dopo soli cinque giorni dall’inizio del suo incarico, il governo di Merino, ritenuto illegittimo dalla maggioranza della popolazione, ha ceduto alle pressioni delle manifestazioni popolari giungendo alle dimissioni di tredici ministri e di Merino stesso. Nel giro di poche ore il Perù si è trovato con il terzo presidente nel giro di una settimana, il centrista Francisco Sagasti del Partido Morado, che avrà il compito di guidare la transizione verso le elezioni del prossimo anno.

Alla domanda se Sagasti rappresenti la svolta più giusta per questo momento politico, Hector Daniel Guerra Rugel, giovane attivista rimasto per le strade a protestare per una settimana intera, afferma: “crediamo che il nuovo presidente sia una persona preparata ma rimaniamo vigili e osserviamo come procedono le cose. Credo sia importante che si ristabilisca tranquillità, che la gente ritrovi fiducia nel governo e nell’azione del Congresso”.

Dalle parole di chi ha combattuto in questi giorni per ristabilire giustizia traspare un cauto ottimismo, velatamente diffidente nei confronti della classe politica, ma rincuorato dalla presenza del Partido Morado come garante di un equilibrio istituzionale in questo momento più che mai necessario: “li conosciamo i politici, durante le elezioni promettono qualsiasi cosa sapendo già che non saranno in grado di realizzarle. All’inizio è difficile giudicare, aspettiamo che calino la maschera” precisa Marco Cordori Carpio.

Anche Hector Daniel ci racconta di come nel partito di Sagasti non risultano soggetti indagati o con accuse di corruzione alle spalle: “non so dirti se questa svolta politica possa essere la soluzione, ma so che la gente è convinta che non esista più un partito completamente pulito da indagini a cui affidarsi, questa scelta può essere un buon inizio.” 

La mobilitazione dei giovani 

La particolarità di questa ondata di proteste popolari è stata la partecipazione giovanile. Per giorni, le strade di Lima e delle principali città del Paese sono state invase da una folla inferocita contro il golpe istituzionale tentato dal Congresso. Hector Daniel ci racconta ancora che il “90% dei partecipanti alle proteste erano giovani. La mobilitazione al giorno d’oggi passa attraverso di noi, ed è per questo che tutte le marce e manifestazioni hanno avuto avuto come protagonisti soprattutto studenti universitari e giovani attivisti.” 

Molte sono anche le donne in prima fila: “Ce n’erano tantissime! E’ stato bello vedere quanta partecipazione attiva nelle proteste ci sia stata da parte delle donne e del mondo femminista. Donne in prima fila che non avevano paura di combattere e che si sostenevano insieme ad altri gruppi di protesta” racconta Silvana de los Heros Salazar, una giovane attivista e collaboratrice in una serie di progetti umanitari.

Quello che sta emergendo è quindi che, così come è avvenuto negli scorsi mesi nel vicino Cile, le manifestazioni oceaniche di giovani studenti sono state determinanti per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. “La conseguenza diretta di queste marce è stato il cambio del governo” prosegue Hector Daniel nel corso dell’intervista. La protesta infatti si è trasformata in uno strumento di fondamentale importanza per l’ottenimento dei diritti di tutti. Questo è stato anche grazie al fatto che, a differenza di 30 anni fa, la qualità dell’istruzione e della vita in Perù sono notevolmente aumentate. “La partecipazione popolare è diventata dunque più efficace, soprattutto nei confronti delle eventuali azioni di matrice corrotta perpetrate dal governo”, conclude Hector.

Il futuro politico del Perù

Cosa si aspetta ora il popolo peruviano dal suo futuro politico? “Prima di tutto un rinforzo delle istituzioni e un rinnovamento più ampio” ci risponde Silvana de los Heros Salazar.

“Nel discorso del nuovo presidente abbiamo colto dei segnali positivi, sembra aver ascoltato la voce di noi giovani quando cita temi come il cambiamento climatico, la lotta alla fame, la sicurezza. Credo che le proteste abbiano influito molto sulla consapevolezza del governo”.  Le chiediamo quali siano le azioni a suo parere più urgenti: “innanzitutto una riforma del corpo di Polizia, il tema della violenza da parte di questi si pone da anni; quello che vedi durante le manifestazioni è drammatico, gente presa di mira, polizia che usa armi fuori norma sparando proiettili veri e raccontando che siano di gomma. L’esperienza del Black Lives Matter e dei più recenti fatti nel mondo hanno contribuito a creare un coro d’indignazione comune, e oggi questo è l’unico modo per fare giustizia in nome di chi ha perso la vita negli scontri.” Allo stesso modo, Carmen Ruiz Camacho ci spiega poi, con ferma convinzione, che il popolo esige una riforma della legge, della Costituzione e soprattutto un nuovo modo da parte di chi governa di interpretare tali leggi.

Chiediamo a Silvana de los Heros Salazar se ha notato maggiore attenzione ai temi del femminismo, e quale possa essere a suo parere il contributo delle donne: “c’è stata una partecipazione attiva da parte delle donne e del mondo femminista in queste proteste. Non a caso la prima proposta consisteva nel nome di Rocìo Silva-Santisteban (poi non eletta per mancanza di voti, ndr) per dare al Perù la prima presidente donna, e ora a capo del Congresso abbiamo la nomina di Mirtha Vàsquez, è un passo avanti”.

Ci spiega che vorrebbe vederne degli altri in merito a temi come la rappresentatività “eleggendo per esempio donne afro americane, andine, amazzoniche, ora che ci sono maggiori opportunità” e sulla parità di genere, in un sistema politico “pieno di ostacoli nelle sue logiche di potere, ancora troppi partiti sposano una mentalità machista e conservatrice”. 

Il popolo peruviano si aspetta dunque un cambio di passo: “è sulla politica che dobbiamo puntare per un futuro migliore”, chiarisce infine la giovane attivista. Ed è la politica che il Perù dovrà risanare guardando all’esempio dei suoi cittadini, che con la forza della protesta hanno saputo mettere sotto scacco un intero sistema istituzionale. La pressione popolare sembra aver inciso anche sull’agenda del nuovo presidente eletto, che promette un orizzonte di gestione più consapevole e pronta a restituire un nuovo equilibrio a un sistema politico e sociale sempre più diviso.

Un caso che ci insegna come la partecipazione sia la linfa vitale della democrazia, capace di estromettere gli stessi demoni che, in certi casi, finiscono per logorarla dall’interno.

(Foto di Miguel Jara Perez, del 19/11/2020, Lima)

Milanese, nato nel 1998. Analista appassionato di politica e Medio-Oriente, ho studiato alla St Andrews University nel Regno Unito le dinamiche geopolitiche mediorientali, caucasiche e dell'Asia centrale. Il primo libro che mi hanno regalato a cinque anni era una raccolta delle bandiere del mondo e, dopo averle imparate tutte, ho capito che per essere felice ho bisogno di esplorare. Nutro una passione sfrenata per le rivoluzioni e amo raccontarle.

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