Scritto da Stefano Mazzola
Postato in Analisi, Medio Oriente, Sudamerica
Articolo pubblicato per Orizzonti Politici
Cosa hanno in comune la Repubblica Islamica dell’Iran e la Repubblica Bolivariana del Venezuela? All’apparenza molto poco. In realtà le relazioni tra i due Paesi, lontani geograficamente come ideologicamente, sono più solide che mai. Teheran e Caracas hanno infatti un nemico comune, gli Stati Uniti d’America. Dalla decisione di George W. Bush di imporre le prime sanzioni contro lo Stato sudamericano nel 2006, il governo venezuelano ha trovato nell’Iran degli ayatollah uno dei suoi più fidi alleati. L’ultimo episodio di un lungo periodo di collaborazione è stato l’invio di mercantilicarichi di greggio raffinato dai porti iraniani in Venezuela, schiacciato dalla crisi economica e sanitaria.
Un’amicizia di lunga data
La collaborazione economica tra l’Iran e il Venezuela ha tuttavia origini lontane, precedenti alla rivoluzione islamica del 1979. Entrambi i Paesi furono infatti tra i membri fondatori dell’Organizzazione dei Paesi produttori di petrolio (OPEC) nel 1960. Il governo di Caracas fu inoltre tra i primi a riallacciare i rapporti con Teheran a seguito della capitolazione del regime dello Scià Reza Pahlavi. La natura di questo singolare rapporto di amicizia e cooperazione ha poi subito una svolta decisiva con l’elezione alla presidenza di Hugo Chavez nel 1998. Se prima dell’avvento del Comandante il legame era limitato all’industria petrolifera, dopo la rivoluzione bolivariana si è assistito a una notevole espansione dei contatti tra le due presidenze. Il rapporto di personale amicizia tra Chavez e Mahmud Ahmadinejad ha portato quindi alla firma oltre 300 accordi commerciali tra i due Paesi, riguardanti i più disparati settori economici, oltre a innumerevoli visite dei due leader a Teheran e Caracas.
L’alleanza anti-americana e il mutuo beneficio dell’asse Chavez-Ahmadinejad
Nel corso dei primi anni 2000, i due Stati-paria hanno per anni dato vita al più importante esperimento sovversivo dell’ordine mondiale costituito. L’alleanza, in chiave anti-statunitense, si è contraddistinta per la sua natura di mutuo beneficio. Chavez, impegnato a esportare la rivoluzione bolivariana, anti-imperialista e socialista nel resto dell’America Latina, poteva avvalersi di fitti rapporti diplomatici e commerciali con il nemico numero uno dell’America e dell’Occidente, l’Iran, traendone vanto e prestigio agli occhi di una parte della comunità internazionale. L’ostilità nei confronti di Washington è stata dunque il collante tra i due Paesi, accompagnata da ingenti investimenti e prestiti che dal Medio Oriente hanno stimolato la crescita dell’economia venezuelana.
Il supporto di Ahmadinejad e dell’Ayatollah Khamenei alla rivoluzione bolivariana non si può tuttavia ridurre a una mera questione ideologica. Vista l’influenza e il carisma di Chavez nell’America centrale e meridionale, il canale di dialogo privilegiato con il Venezuela ha rappresentato il punto di partenza per la creazione di una più ampia e sviluppata rete di scambi e rapporti commerciali con i Paesi dell’ALBA (l’Alleanza Bolivariana per le Americhe). Grazie ad essa, il governo di Ahmadinejad ha potuto siglare accordi commerciali con l’Ecuador di Correa e la Bolivia di Evo Morales, oltre che a ripristinare la storica cooperazione con Cuba e il Nicaragua, avviata agli inizi degli anni ‘80. L’Iran ha dunque creato un fondo di sviluppo comune con il Venezuela, a cui si aggiunge la fondazione di una banca di sviluppo alle dipendenze della EDBI (Export Development Bank of Iran). I due Stati hanno anche fondato una fabbrica di automobili denominata “anti-imperialista” e svariati progetti di sviluppo urbano. Al 2012, gli investimenti e i prestiti di Teheran ai venezuelani ammontavano alla cifra di 15 miliardi di dollari.
Un primo cambio di rotta…
Il 2013 ha segnato un punto di svolta. Alla prematura morte di Chavez è seguita la fine dell’era di Ahmadinejad a Teheran. Con l’elezione di Hassan Rouhani a presidente dell’Iran, le prerogative del Paese sono cambiate. In molti a Teheran hanno iniziato a storcere il naso per la mancanza di risultati concreti nonostante gli sforzi profusi in Sudamerica. Citando alcuni esempi, la fabbrica di automobili in Venezuela non ha mai raggiunto gli obiettivi di produzione immaginati. In Ecuador l’ascesa di Moreno alla presidenza ha riallineato il Paese ai diktat americani, interrompendo i progetti di cooperazione militare e di sfruttamento delle risorse naturali che Correa aveva intavolato con la controparte iraniana. Lo stesso si può dire della Bolivia, dove sfumarono i progetti per l’estrazione di litio e dove di recente è stata chiusa l’accademia militare finanziata da Teheran. Nel 2010 è stata interrotta la rotta aerea tra Teheran e Caracas, con scalo a Damasco. Incredibilmente dispendiosa per le casse della compagnia di bandiera venezuelana, la Conviasa, il volo è rimasto attivo per tre anni soltanto. Alcuni rumors hanno sostenuto come la rotta, poco utilizzata e con prezzi esorbitanti, servisse in realtà per permettere all’Iran di importare merci sottoposte a sanzioni, tra cui anche materiale militare.
… seguito dall’arrivo di Donald Trump
A ridare nuova linfa all’alleanza tra i due Paesi sono bastati i quattro anni di presidenza targata Donald Trump. Con il tycoon newyorkese alla Casa Bianca, la politica estera americana ha subito una chiara inversione di rotta. L’Iran si è visto di fatto precipitare in un nuovo isolamento internazionale, dovuto all’uscita unilaterale degli USA dall’accordo sul nucleare e il successivo ripristino delle sanzioni internazionali. A ciò si è aggiunto lo sforzo di Trump per assicurare la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra i nemici storici di Teheran, lo Stato di Israele e i Paesi sunniti della regione. Allo stesso modo, non si può dire che il governo di Maduro sia stato risparmiato dall’ostilità della amministrazione americana. Il supporto incondizionato a Juan Guaidó ha portato al rafforzamento delle sanzioni, causando una recessione economica di portate storiche.
Anni di malamministrazione degli impianti di raffinazione hanno portato il Venezuela a non essere più in grado di raffinare il greggio che abbonda nel proprio sottosuolo, rendendo ironicamente il Paese dipendente dalle importazioni estere di petrolio. Le sanzioni americane hanno causato l’esodo delle compagnie straniere con una base nel Paese, come nel caso della, Rosneft, l’azienda petrolifera statale russa che ha dovuto abbandonare i propri investimenti per non incappare nelle sanzioni USA.
Il crescente isolamento internazionale a cui sono sottoposti i due paesi ha dunque portato a un rinnovamento della pluriennale cooperazione. A partire da maggio 2020, l’Iran ha dato vita a una gigantesca operazione di rifornimento in favore del Venezuela. Navi cargo cariche di barili già raffinati hanno raggiunto il Paese, in un piano ideato per dare sollievo ad una popolazione, quella venezuelana, martoriata dalla crisi pandemica e dalla grave recessione economica. Le cinque petroliere arrivate nei porti venezuelani a inizio maggio hanno scaricato circa un milione e mezzo di barili, per una cifra vicina ai 50 milioni di dollari. Gli Stati Uniti hanno reagito minacciando nuove sanzioni, a cui si è opposto il fermo monito di Teheran e Caracas contro ogni possibile forma di interferenza.
Il Venezuela si prepara a imparare dall’Iran
La politica di massima pressione a cui è stato sottoposto l’Iran ha contribuito ad accelerare il processo di diversificazione economica in corso nel Paese persiano. Si è creata un’economia di resistenza, come la chiamano a Teheran, focalizzata sull’espansione della produzione interna e una graduale riduzione della dipendenza dalla vendita degli idrocarburi. Il tentativo americano di provocare un cambio di regime in Venezuela si può dire fallito. Guaidó ha visto il suo consenso crollare dal 61% al 28% negli ultimi diciotto mesi. Al contempo, la popolazione è contraria al regime di sanzioni imposto dagli USA, apprezzato dalla diaspora venezuelana in Florida ma non da chi, in Venezuela, da anni fatica ad arrivare a fine mese. I cargo iraniani potrebbero dunque rivelarsi il primo passo per una rivisitazione dell’alleanza, con Maduro desideroso di instaurare con Rouhani, e con il suo prossimo successore, lo stesso rapporto che Chavez aveva con Ahmadinejad